Qualche mese fa ho scritto un post sull’importanza dell’ascolto attivo, ispirato da una riflessione di un utente su LinkedIn. Il post poneva l’accento sul fatto che un leader, manager o chiunque abbia un ruolo di responsabilità e si trovi a dover gestire e mantenere delle relazioni dovrebbe saper ascoltare per capire e non per rispondere.

Ciò però molte volte non succede perché siamo troppo abituati ad ascoltare in funzione di una risposta.
Nella maggior parte dei casi questa abitudine conduce poi a frasi o feedback che potrebbero essere formulati meglio e quindi a fraintendimenti che possono dare seguito a reazioni a cascata, le quali portano con sé problemi. L’importanza delle scelta delle parole è perciò di fondamentale importanza nella comunicazione, ma non può prescindere dall’ascolto.
L’importanza dell’ascolto attivo
Partiamo da un principio importante: non tutti i tipi di ascolto sono uguali ma ce n’è uno più efficace degli altri nella costruzione dei rapporti e nella gestione delle situazioni: quello attivo. Questo tipo di ascolto non si limita solamente al verbale ma tiene conto anche dei silenzi.
I silenzi sono una potentissima forma di comunicazione – anche se molto spesso non vengono considerati con la giusta importanza – e in un’azienda hanno significati ben precisi che tendenzialmente celano dietro di sé malessere, rabbia, timore o paura. Ecco perché ignorare i silenzi può essere dannoso.
Io che mi reputo una persona estremamente attenta ed empatica (o paranoica, vedi tu) ho sempre fatto molta attenzione a questi prima ancora di avere un’azienda: la vera difficoltà sta nel decifrarli ma riconoscerli è il primo passo per dar loro la giusta importanza.
Quindi, per concludere ti lascio con questa pillola di riflessione:
“Se una persona che si è sempre espressa smette di farlo da un giorno all’altro, un manager dovrebbe farsi delle domande e trovare necessariamente delle risposte.”